Sono cose ben diverse la felicità e la gioia. La prima è uno stato d'animo temporaneo, che può durare anche pochi minuti; la seconda è permanente, o per lo meno è destinata a durare un periodo lungo. La prima è la reazione a un fatto concreto: sono felice perché ho superato un esame, o perché una donna mi ha detto di sì, o perché ho comprato la nuova automobile superaccessoriata, o perché ho acquistato l'ultimo modello di smartphone. La seconda è sganciata dagli accadimenti immediati: non importa cosa mi è appena successo, io sono gioioso e basta.
Per cogliere cosa sia la gioia è bene chiedere aiuto alle filosofie orientali. Scrive Osho, nel commento a un sutra di Gautama Buddha:
...la felicità è causata da eventi esterni, ragion per cui può essere sottratta dall'esterno: si deve dipendere dagli altri. E qualsiasi dipendenza è brutta, è un vincolo, una schiavitù. La gioia invece sorge dall'interno [...] è un fluire spontaneo della propria energia ...
La gioia è gratuita, e dunque incommensurabile. Per questo è anche "pericolosa". La felicità è in qualche modo trattabile, si può spesso comprare col denaro ciò che ci rende felici: le merci, più che altro, che ci insegnano essere ciò che ci dà felicità. Ma la gioia no, ha delle logiche sue che sfuggono al mercato. Dunque è imprevedibile, e potenzialmente rivoluzionaria.